Femminielli (2014)

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Femminielli (2014)

Nei quartieri spagnoli, proprio nel cuore della vecchia Napoli, esiste ancora il fenomeno chiamato “femminielli”. Uomini biologicamente, ma simili alle Drag-Queens, incarnano un certo tipo di “Culto Ermafrodita “, con i suoi riti saldati nella tradizione dell’antico passato, che è totalmente scomparso nel resto dell’Europa. Essi svolgono diverse funzioni nella società che vanno dal profano al sacrosanto. Come feticisti orientati a dispensare fortuna essi soddisfano il desiderio pagano-culturale dell’espressione del proletariato subalterno. Con la loro androginia, essi rappresentano, agli occhi del loro ambiente, una connessione tradizionale al soprannaturale. Il Femminiello di Napoli non è considerarsi un fenomeno di folklore, in quanto con la sua genuina e autentica forma teatrale e umoristica è piuttosto di grande importanza culturale ed estetica.
Questo film sperimentale documenta quattro femminielli-protagonisti descrivendo la loro situazione personale. Questo viene fatto attraverso esemplari tagli filmici ad alta intensità che raffigurano molti dettagli di questo culto e la sua rilevanza socio-culturale. Essi incarnano un’antitesi, che sta lentamente scomparendo, all’orientamento corrente – globale-occidentale – dei consumatori e alla società della comunicazione.
Il set più adatto per questo film non poteva che essere il quartiere spagnolo – dove vivono i femminielli – accuratamente evitato dalle cosiddette classi superiori di Napoli. Questa antico “Culto-Ermafrodita” è mantenuto in un territorio di cultura naturale per mezzo della sua densità e della sua struttura architettonica e sociologica – stretti vicoli, le montagne di rifiuti, il rumore quotidiano, l’economia sommersa e la criminalità. Questo film offre allo spettatore una nuova, ampliata e sorprendente vista del mondo transessuale.
Pezzella ci aveva abituato a destinare l’attenzione su alcuni microcosmi etnografici (Mia Zia, 1989, Cocullo, 2000-2006) dove erano ammantati su pellicola 16mm specifici riti e tradizioni attraverso un coinvolgimento arcano e non oggettivante. Una sollecitudine rinforzata in quel immergerci nei ritmi visivi elaborati da un cineasta per il quale il montaggio entro i fotogrammi deve restituire delle cadenze regolari, insite in una discontinuità temporale, che una volta transitate nella stessa discontinua dimensione psicologica subiscono un’aritmetizzazione personale. In questi due film la componente sonora era utilizzata talvolta come un accenno di contrappunto musicale nonché in considerazione di una phonè ardita ma non ancora articolata nel proposito discorsivo. L’apporto che Pezzella adesso introduce nel suo primo lungometraggio Femminielli, 2001-2014, è conseguente a un pensiero filmico anti-modernista che non attesta a retrocedere nemmeno di fronte all’odierno accelerato corso iper-tecnocratico. Piuttosto che orientarsi sul versante di taluna prassi documentaristica o di docu-fiction, che impiega una chiave critica del soggetto principale della trama o si attarda nel più pacifico atteggiamento socialmente corretto, Pezzella rincara la dose testuale/verbale allo stesso tempo smembrando il piano dell’opportunismo mediatico e dimorando laddove ha luogo quell’intatto linguaggio che si trova tanto nel dialetto quanto nel gergo più stretto. Infatti occorrerebbe parlare similmente di parlèsia, di un più vasto gruppo sociale dei “vasci napoletani”, che si vorrebbe allentare dalla sua morsa pericolosa: una stretta contro i costumi “immorali” di una comunità che fiera e impudica fa sentire la propria voce. Femminielli in definitiva è una piccola gemma che non ha nulla da invidiare alla purezza di quelle pepite cinematografiche preconfezionate che continuamente ci sfoggiano i loro carati. Riponetela anche in una custodia di bassa fattura ma serbatene la cruda poesia. (Piero Pala)

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