I Am Michael

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I Am Michael

Prodotto tra gli altri da Gus Van Sant, presente sia al Sundance Festival che alla Berlinale 2015, è un film che sembra fatto apposta per discutere. Il regista e interprete James Franco, intervistato da La Repubblica sul film, lo ha così presentato: “Abbiamo finito di girare Michael quattro giorni fa. Una storia vera, devastante. Sarà un film che solleverà molte polemiche. Michael Glatze era un aggressivo e dinamico attivista gay di San Francisco che alla fine degli anni Novanta ha voltato pagina, ha abbracciato la religione, si è sposato e ha incominciato a minacciare con lo spauracchio dell’inferno i vecchi amici. La sua vicenda ha riaperto antiche diatribe. L’omosessualità è un fatto genetico? È una malattia? Si può guarire? Si può diventare etero?”. Il film prende spunto da un articolo pubblicato da Benoit Denizet-Lewis sul New York Times col titolo “My Ex-Gay Friend” che raccontava la storia di Michael Glatze, un attivista gay che ad un certo punto della sua vita nega la sua omosessualità, sconcertando tutti. Il film inizia con gli anni gay di Michael, che si era dichiarato all’età di 13 anni, aveva poi fondato la Young Gay America, si era fidanzato col coetaneo Bennet (interpretato da Zachary Quinto, attore gay dichiarato), completamente impegnato nelle lotte della nuova generazione di omosessuali americani per il riconoscimento dei diritti e dell’uguaglianza. Entra in crisi quando accade che deve confrontarsi con l’idea della morte e della fede. Dopo un’intensa ricerca spirituale si convince che il cristianesimo è la risposta giusta a tutte le sue domande e che l’omosessualità è solo perdizione. Nel 2007, all’età di 30 anni, pubblica un articolo dal titolo “Confessioni di un ex leader per i diritti dei gay” che scandalizza tutti, compreso il suo compagno Bennet con cui stava da dieci anni. Assicura di essere diventato eterosessuale e cristiano, aderisce alla chiesa Mormone, si dice convinto della necessità di lottare contro i gay e le loro sbagliate richieste. Il movimento anti-gay dei cosìddetti ex-gay lo assume subito come loro emblema, mentre il movimento gay è convinto che Michael stia mentendo a se stesso ed al mondo. Uno dei temi su cui il film insiste maggiormanete, secondo quanto dichiarato dagli autori, è senz’altro la forza e l’aiuto che possono provenire dall’appartenenza ad una comunità, come quella gay o quella cristiana, che ci rendono più facilmente riconoscibili ed accettati, che ci aiutano a determinare il nostro stile di vita. Ma cosa succede quando questo non corrisponde con la nostra vera ed intima identità? Quando il modo in cui veniamo percepiti si scontra con chi siamo veramente? Il regista Justin Kelly, che ha lavorato sul film per tre anni, ha detto: “questo film non è solo la storia di un ‘ex-gay’, è in realtà una storia molto problematica sul potere della fede e il desiderio di appartenenza”. Zachary Quinto ha detto che lavorare con James Franco ” è stato fantastico. Lui è un po’ il punto di riferimento per quel che concerne la diversità e la diversificazione nel mondo degli attori/produttori/artisti. Siamo andati molto d’accordo… È uno di quelli che cerca l’interazione con altre persone per condividere con loro quello che sa e com’è cresciuto e io questo lo rispetto”.

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Varie

In 2007, Michael Glatze, the gay-rights advocate who embodied queer identity, shocked his friends and followers when he publicly renounced his homosexuality. What could have led to such an extreme change of belief?
Justin Kelly’s piercing exploration is as compelling and complex as Michael’s transformation. The film depicts the years when an idealistic Michael, with his long-term partner, empowered a new generation of gay youth through their writing and films. When a nerve-racking brush with death triggers his need to reconcile faith and sexuality, Michael embarks on a zealous search for answers that eventually leads him to Christianity and the absolute conviction that “homosexuality is death.”
Kelly’s intricate non-linear structure engrossingly magnifies each step and draws seemingly incongruent thematic and character thru-lines. It also elicits a maddening sympathy (portrayed with aching effect by Franco). With an acute sense of storytelling, Kelly raises much more complex questions about one man’s startling capacity to create, destroy, and reclaim his truth. (Sundance)
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Il regista Justin Kelly, al debutto nel lungometraggio, amico e discepolo di Gus Van Sant, ha ricavato la sceneggiatura di questo film da un articolo, My Ex-Gay Friend, apparso sul New York Times, scritto da Benoit Denizet-Lewis, che racconta una storia da lui vissuta in prima persona. Nell’articolo Denizet-Lewis ci parla del passato di attivista di Michael Glatze, insieme al quale aveva fondato la rivista “XY” dedicata ai giovani gay di san Francisco. Dodici anni dopo Glatze aveva fondato, insieme al suo fidanzato di allora, Ben, la rivista ” Young Gay America”. Nel 2007 Glatze annuncia improvvisamente di non essere più omosessuale, di aver avuto un risveglio spirituale e una benefica crisi che l’ha portato a fare diverse considerazioni sull’omosessualità. Denizet-Lewis scrive nell’articolo che Glatze, seduto nel suo ufficio dell’Y.G.A., scrive sul computer: “Io sono etero. Omosessualità = morte. Io scelgo la vita.” Nel 2011, quando Glatze parlando con Denizet-Lewis, gli dice: “Non percepisco più le persone come omosessuali. Non ti vedo come gay. Dio ci ha creati eterosessuali. Possiamo metterci altre idee nella testa su quello che siamo, ma questo non significa che siano la vertà”. Oggi Glatze è sposato con una donna e vive come pastore in una piccola comunità cristiana del Wyoming da dove dice di non voler combattere per le teorie che promuovono la ‘guarigione’ dall’omosessualità, di non essere un cristiano conservatore e di non voler fare una guerra culturale che provocherebbe più male che bene. Il regista Justin Kelly parte forse da queste considerazioni quando dice che “questa non è solo la storia di un ex omosessuale, ma anche una coinvolgente storia sul potere della fede e del desiderio di appartenere a qualcosa”.
Denizet-Lewis, entusiasta che il suo articolo diventi un film, ha detto: “Sono sicuro che il film di Kelly saprà raccontare tutta l’ampiezza dell’insolita vita di Michael, da leader del movimento gay al pastore cristiano che è oggi”
Il film, che ha per protagonista l’attore più gay-friendly di Hollywood, James Franco, e come produttore esecutivo Gus Van Sant, si propone di mostrarci la problematica omosessuale da un inedito e particolare punto di vista. Le riprese sono iniziate nell’estate 2014. Zachary Quinto, attore gay dichiarato lanciato dalla serie tv “American Horror Story” e dal reboot fantascientifico di “Star Trek”, interpreta un ex amante di Glatze, Emma Roberts, nipote della più famosa Julia, la sua attuale moglie.
La nostra provvisoria locandina del film è ricavata da una foto che mostra il vero Glatze (a sinistra) col suo compagno Ben.

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CRITICA:

Basato sulla storia vera di Michael Glatze, I Am Michael, che ha fatto il giro dei festival di tutto il mondo – dal Sundance a Berlino approdando al Biografilm Festival di Bologna – non parla solo del rapporto tra omosessualità e religione ma anche e soprattutto della spinta universale a cercare un proprio posto nel mondo.
Attivista impegnato ad aiutare le generazioni più giovani ad accettare la propria sessualità, Glatze, incarnato da James Franco, è alla fine degli anni Novanta una delle firme di XY Magazine, pubblicazione di riferimento per i giovani omosessuali americani con base a San Francisco. Michael lascia però la città californiana per seguire ad Halifax, in Canada, il compagno Bennett (Zachary Quinto), con il quale co-fonda la nuova rivista Young Gay America e gira un documentario su adolescenti e coming out, nel quale alcuni ragazzi confessano il disagio di vivere quotidianamente il contrasto tra la propria omosessualità e il proprio credo religioso.
Da sempre convinto che l’orientamento sessuale non debba definire in maniera esclusiva l’identità di una persona, dal 2004 Glatze inizia a riconsiderare la propria esistenza per un insieme di ragioni personali, sentimentali e di salute, fino a rinnegare completamente la propria omosessualità nel 2007, diventando un pastore cristiano dalle convinte posizioni anti-gay. A raccontare un percorso che si muove tra estremi così netti è Justin Kelly, autore della sceneggiatura insieme a Stacey Miller e a Benoit-Denizet-Lewis, che scrisse per il New York Times Magazine l’articolo che ha ispirato il film, dal titolo Il mio ex-gay amico. Nome tutelare del progetto è Gus Van Sant, produttore esecutivo del film.
I Am Michael si prende il rischio di rappresentare la fluidità dell’identità umana, senza mai esprimere giudizi sulla radicalità della conversione di Glatze e tentando di spiegarne l’evoluzione psicologica. Lo sguardo neutrale è il pregio ma anche il principale difetto del film, che resta distante e “freddo” dalla materia e risulta schematico nella narrazione, frammentata in capitoli che ricostruiscono cronologicamente i fatti sino all’avvicinamento del protagonista alla Bibbia e al cristianesimo praticante. Il film, che annovera nel cast anche Emma Roberts e Charlie Carver, si appoggia alla buona prova di James Franco, capace di esprimere il senso di dubbio, la confusione e il tormento provati dal personaggio, a dispetto delle certezze pronunciate in pubblico o sul blog.
Nel delineare la conversione di un’attivista gay in un fondamentalista cristiano, I Am Micheal apre interrogativi importanti sulla mutevolezza dell’identità e sul rapporto tra omosessualità e fede, ma non riesce a elevarsi dal semplice biopic, scavando nelle zone d’ombra e di ambiguità offerte dalla storia. (Francesca Druidi, cinefilos.it)

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