Trappola mortale

Trappola mortale
Esprimi il tuo giudizio
Aggiungi ai preferiti
  • Tendenza LGBT GGG
  • Media voti utenti
    • (1 voti)
  • Critica
Guarda il trailer

È possibile vedere questo film su:

Varie

Cast

Trappola mortale

Drammaturgo, specializzato in polizieschi è in crisi creativa e chiede lumi a un giovane autore suo amico. Poi lo uccide e fa sparire il cadavere. Qui comincia un interessante intrigo con uno scioglimento ironico e a sorpresa. Da una pièce di Ira Levin. Il passaggio dallo spazio teatrale a quello filmico si sente, mettendo in evidenza che, nonostante la bravura degli attori, la macchina dell’intrigo schiaccia i personaggi. A far da salsa piccante c’è, con un colpo di scena che gli spettatori più attenti possono prevedere, il motivo del legame omosessuale. Cannon fa con garbo l’autoparodia. (Il Morandini). Famosa la scena del bacio gay tra il drammaturgo (interpretato da Michael Caine) e il giovane autore gay (Christopher Reeve). Scrive Vito Russo in Lo schermo velato, parlando del cinema con riferimenti gay dei primi anni ’80: “Nei film commerciali, due uomini al massimo si baciano e quello stesso semplice atto è affrontato ancora con trepidazione dai cineasti, mentre pubblico e critici, da parte loro, lo accolgono con grida di offesa… In ‘Trappola mortale’ di Sidney Lumet, nè Christopher Reeve nè Michael Caine interpretano i propri personaggi gay in maniera stereotipata, in parte perché il loro orientamento sessuale è un elemento chiave nello scioglimento a sopresa. Ma l’aver deciso di rivelare che i due avevano una storia con un bacio appassionato deve essere stato un errore calcolato. ‘Vedere Caine che bacia Reeve’, ha scritto Peter Ackroyd in ‘Spectator’, ‘è sufficiente a far saltare sulla sedia anche gli spettatori più consumati’. Il pubblico reagì in maniera più violenta. Le stesse platee che si deliziano delle forme più disgustose di violenza, provano ripugnanza a un semplice bacio fra due attori. ‘Ho saputo che a un’anteprima a Denver la scena del bacio è stata fischiata’ riferisce Christopher Reeve. ‘L’episodio è stato riportato dal ‘Time’, rovinando così la trama a milioni di persone. Ne abbiamo sempre parlato come ‘il bacio da dieci milioni di dollari’, una stima del mancato incasso”. Per quanto riguarda l’interpretazione di personaggi gay, Reeve dice semplicemente: ‘Penso che il problema riguardi gli altri. Sono abituato da sempre agli eterosessuali che fanno i gay e viceversa e allora mi sembra una cosa abbastanza ordinaria. La gente non si sente turbata dai personaggi omosessuali sul palcoscenico o sullo schermo se sono persone interessanti e vere con le quali il pubblico può identificarsi sotto certi aspetti”.

Condividi

Un commento

  1. glbtmovie

    Semplicemente geniale, film di questa levatura purtroppo non se ne vedono più… Ti incolla allo schermo e non ti molla e guida la tua intuizione su una strada completamente diversa da quella che poi si sviluppa. Coraggioso affrontare così platealmente (e con tanto di baci) la tematica omosessuale considerando che era il 1982… Voto 10

Commenta


trailer: Trappola mortale

Varie

CRITICA:

Autore teatrale d’intrighi polizieschi, Michael Caine inventa un piano diabolico (e troppo lungo e complicato per essere descritto in questa sede) per riacciuffare la fortuna professionale oltre che quella sentimentale.
Deathtrap è filmato molto bene da un regista di grande esperienza, al quale è mancato quel pizzico di genio e di follia per diventare un “grande” dell’arte cinematografica. Sapientemente organizzato secondo il principio dell’unità di luogo, dell’universo concentrato in un solo ambiente nel quale la tensione cresce e si dilata a dispetto della complessità dell’intrigo, il film fa pensare a certi altri lavori dell’autore teatrale dal quale è tratto, Ira Levin, come Rosemary’s baby. Stilisticamente più che a Polansky e per la presenza di Michael Caine, si richiama al capolavoro di Mankiewicz, Il segugio (Sleuth). Seguito più o meno credibile di colpi di teatro, Deathtrap è un po’ troppo macchinoso per permettere a Lumet (genio a parte) quello che riusciva a Mankiewicz: un’esercitazione di stile su dei rapporti di forza, estremamente sintetizzati, e impersonificati da due grandi attori.
Verità e finzione (uno dei temi che Lumet ha analizzato a lungo, dal suo primo La parola ai giurati al recente Il verdetto), e l’eterna lotta fra la vittima e l’aguzzino si perdono qui tra le pieghe troppo machiavelliche di una sceneggiatura impossibile. Una sceneggiatura che avrebbe condotto al disastro un regista meno ferrato di Lumet; e che gli permette, se non l’arte, perlomeno il divertimento. (RSI.ch)

Effettua il login o registrati

Per poter completare l'azione devi essere un utente registrato.