Padre e figlio (1994)

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Padre e figlio (1994)

La storia si svolge a Genova dove Corrado (Michele Placido), un meridionale di 50 anni vi è giunto negli anni ’60 lavorando come operaio all’Ansaldo. Ora fa il guardiano notturno in un deposito al porto e vive con la seconda moglie, Angela, dalla quale ha avuto una bambina, Anna. Il figlio maggiore, Gabriele (Stefano Dionisi), di ritorno dal servizio di leva, si ritrova senza alcuna prospettiva per il futuro. L’impegno del padre nell’avviarlo al lavoro in una fabbrica e la sua delusione di fronte alla superficialità con cui il figlio si fa licenziare, accresce tra i due l’incomprensione e genera contrasti in famiglia. Gabriele si affida all’ebbrezza della moto e alla scorciatoia dei guadagni illeciti. In una sala giochi conosce Valeria, un transessuale, della quale si innamora, la conduce in casa approfittando dell’assenza dei genitori, ma il padre rientra prima del previsto e intuisce subito che non si tratta di una vera donna, quindi li caccia entrambi. Valeria ha altri progetti per il suo avvenire, vuol andarsene da una città che le stà stretta, progetta di partire per gli Stati Uniti e convince Gabriele a seguirla. Ma il giovane non ha denaro per affrontare il viaggio, lo chiede a suo padre il quale rifiuta perchè nel frattempo ha investito i suoi risparmi in una lavanderia che intende gestire con la moglie Angela e inoltre non vuole che il figlio si rovini la vita stando con una persona del genere. Valeria lo mette alle strette, o partono insieme oppure lei se ne va da sola. A questo punto Gabriele è disperato, non vuol rinunciare a Valeria e per procurarsi il denaro tenta di rubare in casa del padre, si impadronisce di alcuni gioielli appartenuti a sua madre, ma giunge inaspettatamente Corrado che tratta il figlio con parole dure. I due si picchiano e alla fine Gabriele imbocca la porta per andarsene definitivamente, gridando all’uomo steso a terra che non lo rivedrà più. Allora Corrado compie un gesto estremo pur di fermare Gabriele….(FINALE: Corrado estrae la pistola di servizio e colpisce il figlio, probabilmente non vuole ucciderlo, ma solo impedirgli di andar via. Il colpo ferisce Gabriele che si accascia sul pavimento e, superato la stupore, comincia a singhiozzare liberandosi di tutta la rabbia che lo divorava e comprendendo fino a che punto può giungere la disperazione di un padre). (F.T.)

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CRITICA:

“La riconferma, insomma, di un regista; che però ha ancora bisogno di uno sceneggiatore. I protagonisti sono Michele Placido e Stefano Dionisi: il primo volontariamente affidato quasi ad una espressione sola, torva e crucciata, il secondo intento invece ad una ricca mobilità di accenti (perfino nelle proposte, di echi genovesi nella parlata), pronto a disegnare con nettezza sia gli impeti e le collere sia le riflessioni e i cedimenti; con talento che, da Verso Sud in poi, matura ad ogni film.” (Gian Luigi Rondi, ‘Il Tempo’, 17 Aprile 1994)

“Placido e Dionisi incarnano perfettamente i personaggi, distinguendoli nell’accento, il primo conservando inflessioni del dialetto meridionale, il secondo parlando già genovese, da buon oriundo della nuova generazione. E va detto che il talento, il mimetismo e la dedizione dei due interpreti sopperiscono in una certa misura alle carenze di un copione che per mantenersi sottotono d’ellittico rappresenta rispetto al film ciò che la siopia è per l’affresco: un tracciato a tratti troppo pallido. In una scansione impressionistica di scene grevi, con tagli brillantemente decisi; non sempre convince la necessità o la collocazione di questo o quel frammento. Tale timidezza drammaturgica può tuttavia rivelarsi un pregio, quando serve a evitare l’ovvio e il già detto. Il rischio è che il dramma popolare, sublimato in una forma aristocratica un po’ reticente, finisca per scaricarsi nel procedere del racconto anziché montare verso il culmine catartico della scena madre. Tra le suggestioni di un cinema di alta scuola e gli stimoli della confusa realtà presente, Pozzessere è ancora un autore alla ricerca, però, ‘Padre e figlio’ ci sembra un notevole passo avanti rispetto al buon esordio di ‘Verso Sud’. Abbiamo un altro regista che conta nella schiera dei nostri migliori.” (Tullio Kezich, ‘Il Corriere della Sera’, 16 Maggio 1994)

“Basta fare qualche calcolo di date per contestualizzare i personaggi nel quadro delle travagliate vicende del nostro Paese: di certo Corrado, ex combattente di prima fila all’epoca della Contestazione, non si raccapezza bene dopo la caduta dei muri e delle ideologie; mentre Gabriele, che appartiene alla generazione cresciuta nei consumistici anni Ottanta, preferisce vivere alla giornata come ben emblematizzano le sue corse in moto, i furti di auto e la relazione con un transessuale. Contrapponendo un padre e un figlio nel paesaggio di una Genova vulnerata e vibrante che è assai più di un semplice sfondo, Pozzessere racconta l’Italia al bivio che rinnega il suo passato e non trova il suo futuro. Lo fa puntando la macchina da presa sulla classe operaia, che il cinema di oggi trascura; e lo fa con sensibilità, passione e un grintoso piglio di regia. Peccato solo che il film scelga una via troppo ellittica e allusiva per sviluppare adeguatamente un dramma tutto interiore (…).” (Alessandra Levantesi, ‘La Stampa’, 6 Maggio 1994)

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